Testimonianza di Vincenzo Saponaro

Ecco l’intervista a Vincenzo, uomo che ha vissuto a Foggia nell’anno dei bombardamenti.

Parlaci un po’ di quei giorni e degli avvenimenti che li hanno caratterizzati.

Sì, avevo scritto un diario per ricordare quegli eventi drammatici che la storia ci ha lasciato. Il diario è andato perduto, ma ho ancora nella mente a 65 anni di distanza tutte le date e gli eventi.

28 maggio 1943 ore 9.00 circa: C’è la prima incursione degli alleati nei cieli foggiani. Per noi era una cosa “nuova” eravamo ragazzi avevo 20 anni ed insieme agli altri ragazzi della mia età sognavamo di arruolarci nell’esercito per combattere sul fronte, spinti dall’ondata devastante di fascismo. Ma quando vivemmo sulla nostra pelle quell’esperienza, il sogno della carriera militare cadde del tutto. Torniamo alla storia.

Ero a casa, in una casetta di campagna non lontana dal centro abitato. Mi svegliai di buon’ora, come al solito, ed ero impegnato nei campi, quando all’improvviso inizia a suonare la sirena dell’allarme. Era la prima volta che la sentivo. Tutti correvano come impazziti alla ricerca di un rifugio, ma fortunatamente le bombe cadono solo nei pressi di un aeroporto distruggendolo quasi completamente. Tutti andammo sul posto più per curiosità che per altro. Presi la mia bicicletta e corsi lì. Mi trovai davanti ad un macabro spettacolo. Tutti gli hangar erano quasi completamente distrutti, la torre radio non esisteva più, ma la cosa che mi lasciò inorridito e che ricordo come fosse ieri, fu un soldato tedesco, rimasto ucciso mentre era alla mitragliatrice contraerei. Era ancora seduto, con gli occhi spalancati di terrore. A pochi metri un piccolo cratere e il suo corpo dalla vita in giù era completamente dilaniato e macellato. E’ quella l’immagine della guerra che mi porto ancora dietro insieme a molte altre.

30 maggio 1943 ora 10.00-10.30 circa: Ci fu una nuova violenta incursione con la quale si eliminarono tutti gli aeroporti militari che si snodavano attorno a Foggia.

Prima di continuare, come e dove vi rifugiavate dopo l’ormai consueto allarme e dopo ogni bombardamento cosa facevate?

I rifugi, se così possiamo chiamarli, erano per lo più dei grandi buchi scavati ai lati delle strade di periferia, molti usavano nascondersi sotto piccoli ponticelli nascosti tra le campagne, più che abilità ci voleva molta fortuna nel salvarsi poiché se una bomba colpiva un rifugio, non c’era scampo per i poveri cittadini. Dopo ogni bombardamento, i superstiti uscivano dai loro “fossi” e iniziavano ad andare in giro per la città e le campagne alla ricerca dei feriti. Tutti aiutavano tutti. Spesso ho portato sulle spalle o sulla bici donne e bambini negli ambulatori dove medici ed infermiere avevano il loro gran da fare. Molti, prima di andare alla ricerca dei feriti, cercavano i parenti poiché spesso nella fuga si perdevano nella folla.

Possiamo continuare con il racconto…

Sì, 15 luglio ore 14.30 circa. Gli alleati bombardano la stazione ferroviaria e viene colpito anche un serbatoio che forniva gas a tutta la città. Ci fu un’esplosione tremenda, l’onda d’urto arrivo fino a casa mia a circa 3 chilometri di distanza e crollò parte del soffitto. Ma questo era ancora niente in confronto alla data che ora citerò.

22 luglio 1943 ora 9.30 circa. Ero impegnato nello scrivere una lettera ad un amico che si trovava a Milano. Solitamente la sirena dell’allarme veniva fatta suonare alle 10.00 per provare che tutto funzionasse in caso di bombardamenti. Quella mattina suonò con circa mezz’ora di anticipo. Dopo qualche attimo di riflessione, tutti si accorgono che non è una prova ma l’allarme. Prendo la bici e inizio a correre verso un ponticello che si trovava vicino lo stadio odierno, era tutta campagna e quel ponticello non era rialzato rispetto alla strada pertanto di difficile avvistamento dall’alto. Mentre corro per strada, mi sorprende un aereo inglese che inizia a sparami contro. Preso dal panico, con il cuore a mille pedalo sempre più forte, sono senza fiato ma è la paura che mi sostiene le gambe. Una sfilza di proiettili passa a pochi centimetri da me facendo schizzare via i sassolini della strada. Il piccolo aereo si abbassa con l’intenzione di colpirmi così, a pochi metri dal ponte della salvezza mi lancio, scivolando al riparo. Fù la prima delle tre volte che scampai ai mitragliamenti. Sotto il ponte c’erano due tedeschi ammutoliti per la paura e una donna che mi aiutò non appena scivolai sotto il ponte. Ricordo che quella fu una giornata di inferno vero. I bombardamenti proseguirono violentemente per circa un’ora e mezzo e colpirono fortemente la ferrovia e uno stabilimento alimentare che si chiamava Rocco la Capria.

In quel giorno di pesanti bombardamenti, oltre a questi, quali furono altri episodi e all’incirca quanti morti ci furono?

Il “peso” dei morti si sentì. Non c’era famiglia che non avesse perso qualcuno. La precarietà dei rifugi provocò più morti del previsto dagli stessi americani che volevano “stanare” i tedeschi. Ricordo che sotto la ferrovia fu scavato un rifugio che conteneva diversi civili. Proprio il 22, fu colpito un serbatoio di benzina che esplose assieme al rifugio e alle povere persone che lì cercavano la salvezza.

Ancora il 22, alcuni ferrovieri compirono un atto di eroismo premiato con la medaglia d’oro al valor civile. Proprio quel giorno era fermo sui binari un treno con un carico di esplosivi e munizioni. Durante i primi bombardamenti della mattina, la coda del treno prese fuoco e un paio di vagoni esplosero. Poteva essere una carneficina maggiore a quella che conosciamo oggi se non fosse per alcuni macchinisti che coraggiosamente si avvicinarono a quei vagoni, li sganciarono dal resto del treno e lo fecero immediatamente ripartire. Quel giorno ci furono circa 10.000 morti per non contare poi i numerosi feriti gravi e dispersi.

Dato che sapevate dei frequenti bombardamenti, perchè continuavate a rimanere in città?

No, chi poteva andava nei paesi vicini, ma molti rimasero qui per aiutare coloro che non potevano spostarsi. Le vie che portavano a Lucera, San Severo, Troia, Accadia e Bovino, erano piene di gente, una processione verso la salvezza. Anche noi eravamo a Bovino ospiti da alcuni zii, ma a volte le razioni di cibo non bastavano per tutti, così un giorno, il 19 agosto 1943, decidemmo di tornare a Foggia per rivedere alcuni parenti e rifornirci. Erano moli giorni che non bombardavano e molti pensarono che l’allarme fosse cessato. Stavamo preparando il pranzo, era circa mezzo giorno quando suona la sirena d’allarme. Tutti scappano verso la campagna e ci fu un ulteriore massiccio bombardamento provocando circa 15.000 morti. Qui venni “mitragliato” per la seconda volta. Ero nell’orto di casa, mi stavo arrampicando sull’albero dei fichi per raccoglierne qualcuno. Davanti a me, a qualche metro, erano seduti due signori che si godevano l’insolito fresco di quel giorno. L’allarme suonò in ritardo e pensammo comunque che dove eravamo noi in campagna, non arrivassero. Pochi secondi dopo il termine della sirena, i due si alzano lentamente ed entrano in casa. Io stavo guardando proprio lì. No appena girano l’angolo del muro e si dirigono verso la porta una scarica di colpi colpisce il muro, nel punto dove erano seduti i due. Non appena mi accingo a scendere dal grande albero, sento arrivare a bassa quota un aereo. Mi irrigidisco. Chiudo gli occhi e tento di rimanere nascosto ed immobile tra le foglie. Sento i proiettili che mi sfiorano ma fortunatamente non mi colpiscono. Qualche giorno dopo, vengo ancora preso di sorpresa mentre percorro con la bici un tratturo, ma lasciano subito perdere e mi salvo ancora.

Arriviamo all’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio. Eravamo ancora a Bovino e tornammo a Foggia, proprio come il 19 agosto. Due cugini di mio padre vengono fermati dai tedeschi e portati sotto un ponte in aperta campagna. I due soldati gli fanno scavare una buca dove seppellirli dopo averli giustiziati. Sono presi dalla paura, gli tremano le gambe e piangono a dirotto, consapevoli di quello che sta per succedere. Mentre scavano, uno Spitfighter inglese inizia a sparare contro di loro. Tutti scappano e si salvano. La notte di quel giorno, gli aerei inglesi volano a pochi metri dal suolo sparando contro gli aerei tedeschi in ritirata. Finalmente è finito tutto. Distrutti in tutto e per tutto, lentamente ci avviamo ad una ripresa e ricostruzione per cancellare le tracce di quei terribili giorni. Dopo alcuni mesi dal termine della guerra, si trovano ancora i morti sotto le macerie. Porterò sempre con me quest’avventura terribile che mi ha segnato profondamente. A 65 anni di distanza, a volte mi sveglio con la paura e il desiderio di scappare, ma poi mi riprendo, penso che la guerra è finita, ma le ferite bruciano ancora.

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This entry was posted on lunedì, Settembre 8th, 2008 at 12:17 and is filed under testimonianze. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.


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