Intervista al geom. A. Gabaldi

Facciamo una breve presentazione?

Sì, certamente, mi chiamo Arcangelo Gabaldi, sono nato nel 1924 a Foggia, nel 1943 frequentavo il quinto anno  dell’Istituto Tecnico “P. Giannone”. Per motivi bellici in tutta Italia l’anno scolastico terminò anticipatamente, Per questo mi diplomai senza sostenere gli esami il 20 maggio 1943. Poi dal Comune di Foggia e da altri enti ci chiamarono tutti perchè avevano bisogno di personale. Il 26 maggio già lavoravo e mi occupavo dell’adeguamento degli scantinati degli edifici affinchè fungessero da rifugi antiaerei secondo una legge emanata quell’anno stesso.  Il 28 maggio cominciarono i bombardamenti prima sugli aeroporti e poi il 31 maggio sulla città. 

Dovi vi trovavate durante i bombardamenti?

Ero a lavorare al Comune sia il 22 luglio che il 19 agosto. L’edificio del Comune aveva un rifugio antiaereo molto affidabile e scendevamo subito lì. Il 20 agosto Foggia venne abbandonata da quasi tutta la popolazione, da tutti gli uffici pubblici ed anche io con la mia famiglia decidemmo di andare via, ci rifugiammo a Vasto.  

Vi erano molti rifugi antiaerei a Foggia?

Li avevano i principali edifici pubblici, oltre al Comune, li aveva il Consorzio di Bonifica di Corso Roma ed il Banco di Roma e qualche altro. Questi in genere erano affidabili. molto meno erano quelli dei condominii, l’adeguamento consisteva unicamente nel puntellare i seminterratti con travi di legno. Poi vi erano i cosiddetti “tubolari”, locali ricavati poco sotto il piano stradale con una copertura in cemento armato. Ma erano un riparo inefficace, se una bomba li colpiva non resistevano. Ho visto con i miei occhi allineati sul terreno i corpi delle vittime tirate fuori da una di quelle trappole. Erano troppo superficiali. Il resto delle persone si rifugiava al piano terra delle case o addirittura a casa propria. Mio padre ad esempio si rifiutava di raggiungere i rifugi sottoterra diceva :”Se devo morire preferisco morire all’aperto e non fare la fine del topo”.

Il numero delle vittime che viene riportato è realistico?

Credo di sì. Ma secondo me la maggior parte delle vittime si ebbe però il 22 luglio per una serie di circostanze negative. Fino ad allora non c’erano stati bombardamenti cruenti e molti erano convinti che il centro della città e la popolazione civile non sarebbero stati colpiti pesantemente. La gente aveva preso l’abitudine di andare verso casa al suonare degli allarmi al posto di cercare i rifugi, gli allarmi notturni venivano vissuti come una seccatura e nulla più. La zona della stazione e quella di piazza Cavour era piena di persone che si affrettavano o correvano verso casa ma non si aspettavano un attacco di quel tipo. Allora la villa comunale era piena di mezzi militari soprattutto tedeschi, gli alleati lo sapevano perché mitragliarono immediatamente la villa con tutte le zone circostanti oltre che la stazione ferroviaria e le zone limitrofe e fu una strage.

Dunque conferma che vi furono mitragliamenti sulla popolazione civile?

Ci furono certamente il 22 luglio, gli alleati infatti utilizzarono prevalentemente i P38 lightening caccia bimotori che mitragliarono a bassa quota a  differenza del 19 agosto quando vennero utilizzati i bombardieri pesanti B24 che bombardarono da alta quota. Non voglio pensare che ci fu la volontà premeditata di uccidere i civili, potrebbe essere accaduto che mitragliando le postazioni tedesche sotto gli alberi nella villa abbiano sparato anche su tutti quelli che correvano lì attorno. 

Ha qualche altro ricordo particolare della giornata del 22 luglio?

Sì, morirono due miei amici in piazza Cavour: Peppino Petrizzelli che lavorava al Genio Civile di cui vennero trovati solo dei poveri resti ed Alfonso Cucci. Quel giorno morì pure il preside Matteo Guerrieri ed altre persone che conoscevo solo di vista.

 

E della giornata del 19 agosto?

Eravamo riusciti a rifugiarci fra un’ondata ed un’altra, io ne ho contate quattro, nel rifugio del Consorzio di Bonifica, quello destinato al personale dell’ufficio. Cadde una bomba nel cortile, il rifugio venne scosso dall’esplosione, pensammo di morire tutti, mi rimase impressa una donna  che per lo spavento perse di colpo la voce, non riusciva più a parlare nonostante si sforzasse.

Ha altri ricordi dei bombardamenti?

Fra un’ondata e l’altra arrivai nei pressi della Caserma Miale, allora la piazza antistante si chiamava Parco della Rimembranza perché erano stati piantati degli alberi che avevano delle targhe con il nome di un caduto foggiano della Prima Guerra Mondiale. Erano cadute delle bombe, lo stesso Palazzo delle Statue aveva subito dei danni che ancora oggi sono evidenti sul lato che affaccia su Via Tugini. davanti alla caserma nel terreno erano state scavate delle trincee che dovevano servire come rifugio per i soldati durante i bombardamenti. Un tratto della trincea si era interrato a causa dall’esplosione di una bomba, dal terreno si vedeva uscire qualcosa mi avvicinai, dal terreno sbucavano il braccio ed il viso di un soldato che era rimasto ucciso dalla bomba.

Quando siete tornati a Foggia?

Il 6 dicembre del 1943 clandestinamente perché Foggia era stata dichiarata “città chiusa” dagli Alleati, non si poteva entrare. I movimenti delle persone erano controllati forse perchè a Napoli era scoppiata un’epidemia di tifo petecchiale e si voleva limitare il contagio. la città era governata dagli alleati ed a loro bisognava dichiararsi per aver diritto alle tessere annonarie in quanto i viveri erano ancora razionati dunque apena la situazione si normalizzò ci presentammo per farci registrare. Nel febbraio del 1945 venni chiamato a fare il servizio militare. Finita la guerra in Europa venimmo “ceduti” agli americani che ci utilizzarono come forza lavoro. Sistemammo prima delle macchine per movimento terra che si trovavano nei locali dell’odierno ex-ippodromo perché dovevano essere spedite sul fronte del Pacifico e poi ad Amendola dove recuperammo parte delle “grelle” utilizzate per creare le piste d’atterraggio degli aerei.

Come erano i rapporti della popolazione con gli Americani?

Non sempre buoni, i soldati avevano il vizio di ubriacarsi e la sera potevano nascere problemi, incontrare uno di quei marcantoni ubriachi non era un’esperienza piacevole, spesso nascevano delle risse ed ogni tanto c’era qualcuno che un pò per vendetta un pò per soldi li attiravano in qualche vicolo  con la scusa di presentare una ragazza e li derubavano di tutto lasciandoli praticamente nudi. A Foggia erano comparse molte prostitute e vi era un’atmosfera non so dire se di decadenza morale o di passeggera libertà di costumi comprensibile dopo tanta sofferenza. In via Conte Appiano vi era un locale di docce pubbliche dove spesso andavano gli Americani, nelle loro truppe vi erano anche le ausiliarie, le WAC (Women’s Army Corps) , anche loro andavano lì a farsi la doccia, noi ragazzi eravamo piacevolmente stupiti  non solo perché dai finestroni lasciavano vedere parecchio ma anche perchè si aggiravano lì vicino in uniforme a distribuire preservativi ai soldati. Una di loro ne diede una scatola ad un mio amico che quando si accorse del contenuto la rincorse pensando ad un’avance! Verso la fine della loro permanenza gli americani se la passavano abbastanza bene. Gli ufficiali avevano il loro club nei locali della Standa su corso Vittorio Emanuele dove c’è adesso Benetton, alloggiavano presso gli Hotel Sarti e Cicolella, per un periodo abbiamo montato lì la guardia e vedevamo le festa che organizzavano e l’andirivieni delle ragazze e delle signore nell’albergo. Di giorno li vedevi girare in carrozzella abbracciati alle “signorine”. A settembre poi uscivano di notte per andare nella zona di Manfredonia a sparare alle anatre che migravano e tornavano con le tute ricoperte dagli uccelli. All’inizio del 1946 stavo finendo il mio servizio militare ad Amendola gli Americani erano andati quasi tutti via era un pezzo che non atterrava più nessuno, stavamo senza fare quasi nulla. Ad un certo punto atterra un loro aereo convinto di trovare le forze armate americane e trova invece noi, scaricò lo stesso tutta la roba praticamente regalandocela. 

E’ vero che lasciarono tantissimi mezzi gli americani?

Sì, lasciarono aerei e mezzi militari più tantissime attrezzature, ad Amendola lasciarono un capannone pieno di fusti di bitume che venne un pò alla volta “svuotato” ed i fusti vennero rivenduti ad imprese locali. Sulla strada di Castelluccio di Sauri crearono una specie di discarica di mezzi militari ed aerei, lì ci facevano montare la guardia perché i ladri si portavano via tutto. Sapemmo che un ladro in quelle occasioni venne ucciso dalle guardie.

Aveva fratelli che combatterono durante la guerra?

Sì un mio fratello, andò a combattere in Albania e Grecia nel 1940 come ufficiale di complemento. Fu una spedizione rovinosa, i soldati avevano letteralmente le scarpe di cartone, le truppe erano guidate in modo sciagurato, i Greci le lasciarono avanzare fino al punto in cui vollero poi si arroccarono presso un fiume e si lasciarono attaccare. Gli Italiani andarono allo sbaraglio contro le loro mitragliatrici e dopo subirono anche l’accerchiamento. Finì con un numero elevato di morti feriti e soldati prigionieri. Un amico di mio fratello, Pino Zaccheria, morì, era giocatore di pallacanestro a lui è stato dedicato lo stadio di foggia. Mio fratello venne fatto prigioniero dagli inglesi e portato prima in Egitto e poi in India. Tornò solo a giugno del 1946. Ha sempre sostenuto che la spedizione in Albania ed in Grecia fu affrontata nella più assoluta impreparazione, se non fossero intervenuti i Tedeschi saremmo stati rovinosamente respinti.

 Come furono i primi tempi del dopoguerra?

Il dopoguerra cominciò già con gli americani, il primo problema fu lo sgombero delle macerie che venne pagato dagli americani lo svolsero L’impresa Valleri di Firenze che si era stabilita a Foggia già da prima della guerra e l’impresa Rotundi poi si dovettero sistemare gli immobili e dare degli indennizzi ai proprietari il 70 % del patrimonio abitativo era inutilizzabile. Io cercai di tornare a lavorare al Comune ma il nuovo sindaco Giuseppe Imperiale disse che non c’erano possibilità. Svolsi diversi lavori fino a qundo nel 1948 vinsi il concorso in ferrovia. Lavorai nella ricostruzione della stazione ed in quell’occasione conobbi Roberto Narducci, il famoso architetto che ha ricostruito stazioni un pò in tutta Italia, si diceva che il vero progettista era un suo assistente, un perito tecnico foggiano che si chiamava De Santis, grande disegnatore. Con la ricostruzione della stazione Foggia cominciò veramente a nascere.

  Come possiamo terminare questa intervista?

Sottolineando che quelli furono tempi terribili e che oggi dobbiamo apprezzare tutto quello che  abbiamo, il prezzo che hanno pagato molte persone della mia generazione è stato altissimo.

This entry was posted on domenica, Ottobre 19th, 2008 at 23:08 and is filed under testimonianze. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.


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