Tenente Colonnello Giovanni Corvino, decorato di due medaglie di bronzo al Valor Militare.


Tratto dal libro ‘La memoria degli eroi’ di Carmine de Leo e Lorenzo Brunetti.

Motivazione delle medaglie del Tenente Colonnello degli Alpini Giovanni Corvino meritate sul fronte russo e nella guerra di liberazione:“Comandante di pattuglia, incaricato durante la notte di prendere collegamento con altro Reparto, trovate le postazioni occupate dal nemico, con pronta reazione riusciva a liberare sei dei suoi uomini da sicura prigionia. Benché ferito, raggiungeva le nostre posizioni e, dato l’allarme, con slancio guidava il plotone all’attacco. Respinto il nemico, teneva saldamente la posizione e non si ritirava dal combattimento se non quando veniva sostituito da altro ufficiale”.

 Quota 205, Fronte Russo, 27 dicembre 1942.

 Ed ancora:

Comandante di un plotone di fucilieri, durante un violento attacco diretto contro un abitato saldamente difeso da preponderanti forze tedesche, incurante della violenta reazione nemica, attraversava per primo un corso d’acqua e si lanciava, seguito dai propri uomini, all’assalto, costringendo il nemico ad abbandonare la posizione”.

Madonna del Canneto, 29 maggio 1944.

Relazione del Tenente Colonnello Giovanni Corvino:

premetto che ho vissuto l’intero periodo, l’intero 2° conflitto mondiale in divisa grigio-verde con le stellette sul bavero. L’Italia entra nel 2° conflitto mondiale il 10 giugno 1940 ed io diciottenne sento il dovere, considerata la cultura del tempo e l’entusiasmo di cui eravamo pervasi, di dare il mio contributo.

Tramite il G.U.F., ossia Gioventù Universitaria Fascista, chiedo come tanti altri di partire volontario per la guerra. Ricordo altri amici di Foggia (l’onorevole Gustavo de Meo, il professore Amedeo Cocco, l’avvocato Luigi Treggiari, Riccardo Paciello ed altri) avendo la possibilità, di scelta chiesi di essere assegnato alle truppe alpine.

Ma, contrariamente a quanto pensavo, per una disposizione di legge, fu sospeso ai nati nell’anno 1921 il beneficio del rinvio del servizio militare per motivi di studio, per cui tutti i giovani universitari furono chiamati alle armi, uniti a noi volontari ed obbligati a frequentare il corso Allievi Ufficiali di complemento, che durò un anno.

A febbraio 1942 ero sottotenente ed assegnato al 9° Reggimento Alpini, facente parte della Divisione Julia, rientrata dalla campagna di Grecia, ricostituita e pronta per partire con l’ARMIR per la campagna di Russia. Dieci giorni in tradotta con carri ferroviari, con 40 alpini per carro o 8 muli fino a KarKov (sul fiume Donez) e poi circa 300 Km. a piedi, con zaini in spalla, per raggiungere le rive del fiume Don, dove abbiamo dato il cambio agli ungheresi.

Avevo 20 anni, comandavo un plotone fucilieri ed un caposaldo sul fiume Don. Una vita di trincea, molto dura e laboriosa, con scavi per creazione di trincee, camminamenti, bunker per il riparo, reticolati e campi minati, avendo sulla riva opposta lo schieramento delle truppe Russe, contro le quali abbiamo avuto anche degli scontri a fuoco, sia sulla nostra riva, che su quella russa, soprattutto quando il fiume cominciò a gelarsi.

Nel dicembre 1943, con l’offensiva russa, la Divisione Julia fu ritirata dal Don ed inviata a tamponare la falla che si era creata al sud dello schieramento, circa 100 km. a piedi con temperature polari.

Nel settore di Seleny-Jar, poi denominato “il quadrivio insanguinato”, infuriavano giornalmente combattimenti, gravissime furono le perdite, ma i Russi non avanzarono ed io il 28 dicembre 1942 fui ferito da pallottola in combattimento e per il mio comportamento nell’azione fui proposto per una medaglia d’Argento al Valor Militare sul campo, non andata in porto a causa della ritirata, ma pervenutami di Bronzo nell’anno 1952, ossia dopo 10 anni.

Rientrato, in treno ospedale, dopo la convalescenza, rientro al mio nuovo reparto, ricostituito con reclute ed altri alpini, che viene impiegato nella Slovenia per la lotta contro partigiani slavi (i Titini).

La prima scossa avvenne il 25 luglio per la caduta del Fascismo e l’invasione dell’Italia delle truppe anglo-americane, mentre Badoglio dichiarava che la guerra continuava al fianco degli alleati tedeschi.

Ma solo dopo 40 giorni, 1’8 settembre 1943, con l’annuncio via radio della resa incondizionata, senza alcun commento e disposizioni, ci siamo sentiti abbandonati da tutti, senza guida, allo sbaraglio. Con il reparto compatto raggiungemmo il 12 settembre Gorizia, ove sempre per mancanza di direttive il reparto si sciolse come neve al sole. Ognuno è stato arbitro di decidere come comportarsi assecondando le proprie idee e lo stato contingente (partigiano, repubblichino, renitente).

Io scelsi di scendere a Sud, ma ad Ancona fui catturato dai tedeschi ed imprigionato nella caserma Cialdini. Avuto il sentore della deportazione nei campi di concentramento in Germania, dopo 15 giorni di prigionia riesco ad evadere, a raggiungere Pescara ed a piedi attraversare il 15 ottobre 1943 la linea Gustav, tra Guglionesi e Montenero di Bisaccia (Termoli).

Raggiunta la mia Città, ho ritenuto di continuare a fare il mio dovere di

Italiano. Mi sono presentato alle autorità militari del Sud, ove già era in atto la preparazione per cercare di risollevarci ed affievolire le condizioni della resa incondizionata, con l’allestimento di reparti per collaborare con gli angloamericani alla liberazione dell’Italia, fu costituito il 1° Raggruppamento Motorizzato ed impiegato, forse affrettatamente, solo dopo tre mesi, l’8 dicembre 1943, a Montelungo, con risultati poco esaltanti e con notevoli perdite. Tra i primi caduti a Montelungo voglio ricordare Michele Biancofiore, di San Giovanni Rotondo, decorato di Medaglia d’Argento alla memoria. Nella sosta invernale la linea del fronte dal Tirreno all’Adriatico partiva da Anzio, Cassino, le Mainarde fino a Sud di Ortona a Mare.

In Puglia si costituì, ed io ne facevo parte, il Battaglione Alpini Piemonte, sono sempre Comandante di un plotone fucilieri, che nel marzo 1944 viene inquadrato nel 1° Raggruppamento Motorizzato, comandato dal Generale Utili ed impiegato nell’alto Molise, nella zona delle Mainarde, per la conquista di Monte Marrone alto mt. 1900, spina nel fianco dello schieramento delle truppe anglo-americane, la cui impresa per la occupazione era ritenuta impossibile dal lato Sud, sia dai tedeschi, che dagli anglo-americani, avendo il lato Sud solo

pareti rocciose e canaloni inghiaiati e con tanta neve.

Le difficoltà per la conquista di Monte Marrone furono superate con l’azione di sorpresa la notte del 31 marzo 1944 dagli alpini del Battaglione Piemonte, tra lo stupore degli anglo-americani.

I tedeschi tentarono la notte di Pasqua (9-10 aprile) di riconquistare la vetta con un massiccio attacco, un combattimento cruento, ma l’attacco fu respinto.

La conquista e la successiva difesa, destarono l’ammirazione degli angloamericani, acquistammo la loro fiducia e la consapevolezza della nostra collaborazione. Così aprirono nuovi orizzonti alla ricostituzione dell’Esercito Italiano.

Dopo queste azioni il Generale Utili, in un Ordine del giorno, pronunciò questa frase: “Italiani in piedi, questa è l’aurora di un giorno migliore”, frase inserita anche dal Ministro della Difesa nel messaggio del 25 aprile.

In una di queste azioni, per il mio comportamento, mi viene concessa una Medaglia di Bronzo al Valor Militare sul campo. In seguito, gli anglo-americani consentirono il raddoppio del contingente italiano, con l’inserimento di altri reparti e fra questi, anche dei paracadutisti della “Nembo”, della quale faceva parte l’avv. Luigi Treggiari; il nuovo contingente fu denominato C.I.L., Corpo Italiano di Liberazione.

Nel maggio del 1944, con la caduta di Cassino e l’avanzata verso Roma, il Corpo Italiano di Liberazione viene impiegato sul settore Adriatico per l’avanzata sino alla linea gotica, con vari cruenti scontri sul fiume Musone, ove cadde il nostro concittadino Sottotenente Romolo Nuzziello e poi verso Filottrano, Cingoli, Jesi.

Tra l’altro, sono stato il primo italiano ad entrare, alla testa del mio plotone a Jesi, alle ore 7,30 del 20 Luglio 1944. Il contingente italiano ancora ampliato e meglio dotato ed armato, nella primavera 1945 ha partecipato alla completa liberazione dell’Italia, sino alla fine del tormentato 2° conflitto Mondiale.

Di tutta la mia avventura, che non mi ha fatto conoscere la gioventù, nonostante i sacrifici, i disagi, le privazioni ed i rischi, ne sono soddisfatto, ritengo di aver sempre fatto il mio dovere di italiano, mi rimangono i diplomi delle decorazioni, le cittadinanze onorarie di Rocchetta al Volturno, Cingoli e Jesi ed il diploma di combattente per la Libertà d’Italia a firma del Presidente della Repubblica Sandro Pertini e conservo sempre in modo immutato l’amore verso la mia Patria.

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