Ricordare per non sbagliare più.

g_c3f9a84961C’è, in Italia, una Legge formata da due soli articoli, che purtroppo pochi conoscono: La Legge 20 luglio 2000, n. 211, intitolata: “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

L’articolo 1 del testo solennemente declama:

“ La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

E’ una norma di alto valore morale che istituisce anche nel nostro Paese il ricordo della Shoah, cioè lo sterminio del popolo ebreo, celebrato anche da molte altre nazioni e fatto proprio dall’ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005.

In questo giorno si commemorano dunque le vittime del nazismo, dell’Olocausto e di quanti, rischiando in prima persona la vita, protessero e, in alcuni casi, salvarono quella dei prigionieri.

La scelta sul 27 gennaio, per la commemorazione della Shoah, è stata fatta perché rappresenta il giorno in cui le truppe sovietiche entrarono nel campo simbolo dell’olocausto: Auschwitz, e liberarono i pochi prigionieri rimasti. C’è da dire che, in realtà, già alcune settimane prima erano stati raggiunti altri campi di prigionia ma essendo luoghi di sterminio ( non di concentramento) i prigionieri venivano immediatamente uccisi e cremati, per cui si trovò molto poco che potesse provare l’olocausto compiuto. Invece ad Auschwitz i primi soldati che entrarono si trovarono di fronte a decine di prigionieri ( i pochi superstiti rimasti) e davanti all’orrore che la furia tedesca, nei convulsi momenti della precipitosa fuga, non fece in tempo a distruggere: orrori che vennero poi mostrati a tutto il mondo, ad imperituro monito di quello che la follia umana può produrre.

La storia ci dirà in seguito, che non solo gli ebrei vennero “giustiziati” nelle camere a gas, ma anche tutti coloro che non rientravano negli “schemi” della “Razza perfetta” vagheggiata da Hitler. Così vennero deportati: prigionieri comuni e politici, perseguitati per diverse ragioni, gay, religiosi, testimoni di Geova, persone invalide e non più utili alla società e tutti vennero “marchiati” e “segnati” secondo la categoria di appartenenza.

Domani in tante Nazioni si terranno numerose celebrazioni per ricordare quei tragici eventi. Ed è importante che ciò avvenga perché il filo della memoria che, come mi piace dire, lega il passato al futuro, resti saldamente legato. E questo filo è rappresentato dalle generazioni arrivate subito dopo gli eventi di cui discorriamo e quelle più giovani, sino ai bambini di oggi. Milioni di persone che non conoscono o, in modo parziale ed a volte, per colpa anche di revisionismi storici che di tanto in tanto cercano di “riscrivere” quello che è impossibile riscrivere, la storia recente che ha visto coinvolti milioni di essere umani: dai bambini agli anziani, tutti, senza alcuna distinzione o pietà, trasportati, dopo essere stati ghettizzati e prelevati dalle proprie case, come bestie, anzi peggio, nei campi dove li avrebbe colti la morte per stenti o per mano dell’uomo ( se di uomo si può parlare).E i viaggi, che duravano anche settimane, nei carri bestiame, già decimavano i prigionieri. Ebbene, questo filo non può e non deve essere reciso. La giornata della memoria del 27 gennaio è senz’altro un momento fondamentale a questo fine ma, non deve né può essere l’unico. Le scuole e la società civile devono farsi carico di inserire stabilmente nel ciclo degli studi e, se possibile, attraverso la istituzioni di mostre, musei ed esposizioni, questi argomenti. I momenti di riflessione e studio vanno moltiplicati soprattutto per un motivo molto evidente e che, forse, ai più sfugge. Tra pochi anni i sopravvissuti alle tragedie della guerra ( che voglio ricordare non fu solo l’olocausto, pur se questo fui il più tragico, ma anche le migliaia di civili caduti sotto le bombe e Foggia ne è una tragica testimonianza), non ci saranno più, con loro andranno inesorabilmente perdute tute le memorie e i ricordi “diretti”. E’ allora necessario, che si provveda a raccogliere e canalizzare questi ricordi. Quando parlo con gli anziani reduci o ex prigionieri di guerra, vedo e leggo nei loro occhi una grande voglia di essere ascoltati e di poter raccontare. Se ciascuno di noi, nelle nostre case dove c’è una persona anziana, che è sopravvissuta alla guerra, raccogliesse la sua testimonianza, ne avremmo migliaia e potremmo raccoglierle e conservarle in uno scrigno, come si conservano i beni più preziosi.

Quale eredità morale e culturale più importante di questa potremmo trasmettere ai nostri figli? Perpetuare il ricordo, dunque, nel giorno della memoria e in tutte le occasioni nelle quali ciò deve essere possibile, non è fine a se stesso, ma deve servire come monito, alle future generazioni, affinché gli errori e le follie del passato non abbiano a ripetersi.

Dr Salvatore AIEZZA ( Docente università del Crocese- Foggia)

This entry was posted on sabato, Gennaio 26th, 2013 at 11:34 and is filed under Memoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.


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