Testimonianza di Eva Passione, classe 1928

La mattina del 22 luglio 1943, quando suonò l’allarme ero intenta a pulire le cipolle. All’epoca ero appena 15 enne, e abitavo in Via Arpi, nell’edificio tuttora esistente, adiacente la chiesetta di Santa Teresa. Mia madre, malata, non voleva assolutamente muoversi da Foggia, già all’indomani del primo bombardamento, così scendemmo velocemente le scale e ci rifugiammo nello scantinato di fronte,
in cui vi era una gelateria, da Pepp ‘u gelataie ( tale Giuseppe Curcetti).
Appena riuscimmo ad infilarci in questo scantinato, una bomba centrò la chiesa di Santa Teresa, la quale, rovinando, alzò un enorme nuvola di polvere la quale avvolse velocemente lo spazio angusto pieno di persone. Pochi attimi e non si respirava più, mentre da fuori su udivano le urla strazianti delle persone sotto le macerie. Un giovane, Ezio, un militare, rifugiatosi anche lui nella grotta per poter fare respirare me e le altre persone, si tolse la canottiera, la spezzò con i denti in tante strisce che bagnò in una scodella di acqua, facendo poi portare alla bocca di molte persone queste pezze imbevute
di acqua per non farle soffocare. Verso le 14:30 lasciammo la grotta e molto di fretta e a fatica, muovendoci tra le macerie e i morti di Via Arpi, Via Fuiani e la zona delle Marcelline, raggiungemmo Via Napoli, dove soldati Italiani ci fecero salire su un camion che partì subito verso Bovino, dove arrivammo verso sera, stanchi, affamati, assetati, impauriti. Ci sistemarono in una scuola, per terra, senza niente, senza panni, senza effetti personali. Lasciammo la casa aperta, dove,
ovviamente, non lasciarono nulla e successivamente fu anche occupata abusivamente.
Giuseppe Capolongo, 28 maggio 2013, 70° anniversario bombardamenti di Foggia.

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