Cav. Giovanni Battista Corvino, un foggiano al fronte.

Giu 2nd, 2013 Postato in Memoria, Storie, testimonianze | Commenti disabilitati su Cav. Giovanni Battista Corvino, un foggiano al fronte.

Incontriamo il Cav. Giovanni Battista Corvino che ci racconta la sua storia in guerra. Foggiano e oggi 91enne, con una grande lucidità e con ottima proprietà di linguaggio, insignito dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano di due medaglie di Bronzo al valore,  ci dice:’L’altro giorno ho guardato il calendario, ho visto che era il 28 maggio e ho ricordato che proprio quel giorno, settant’anni fa Foggia veniva bombardata per la prima volta ed io ero al fronte, in Slovenia, combattevo per la patria e tentavo di scacciare gli slavi, non ho vissuto in prima persona i bombardamenti ma posso confermare che quello fu un vero atto criminale poiché il 25 luglio del 1943 ci fu il Gran Consiglio del Fascismo che sancì l’uscita di scena di Mussolini, messo fuori proprio dai suoi uomini, poi in accordo con Vittorio Emanuele III, prese il potere Badoglio che considero un traditore in quanto scese a patti con gli americani trattando per la resa dell’Italia. L’armistizio fu annunciato in modo strano ed anomalo, non fu direttamente comunicata a noi soldati la resa e la sera dell’8 settembre fu diramato in radio il comunicato ma io ero in Slovenia venimmo avvisati solo la mattina seguente e regnava la confusione totale, non sapevamo come comportarci. Ci riunimmo al confine slavo e l’11 settembre ci portarono a Gorizia, nonostante ufficialmente la guerra fosse finita, gli slavi volevano far saltare il ponte sull’Isonzo e io e i miei uomini lo difendemmo , la battaglia si preannunciava ardua ma improvvisamente tutti sparirono, raccogliemmo il nostro materiale ed andammo a Feltro, fui accolto dal medico militare, dott. Vergani che mi portò a casa sua, a Belluno, qui incontrai un antifascista francese, facemmo un buon pranzo a base di Lepre e mi fu affidato il compito di gestire uno squadrone di partigiani in Veneto, ero titubante sull’incarico così presi il treno e mi diressi ad Ancona, improvvisamente tutto si fermò e fui catturato dai tedeschi che mi tennero prigioniero per 15 giorni. Devo dire che ci trattarono bene, ci facevano marciare e giocare a carte, non era vissuta come una vera prigionia, una brutta sorte toccò alla divisione Messina che era prigioniera con noi, la maggior parte di loro fu deportata nei campi di concentramento in Germania. Con vari escamotage e con un pizzico di fortuna riuscì ad evadere pensando che volessero deportare anche me, raggiunsi di corsa la stazione e sempre in treno arrivai a Pescara, la macchina era a vapore e faceva rifornimento di acqua a Ortona a Mare, scesi li, era fine settembre del ’43.’

‘Seppi che il 1 ottobre gli americani erano arrivati quasi a Termoli ma i tedeschi continuavano a compiere rastrellamenti selvaggi di uomini e militari, lasciai ogni mezzo e a piedi, evitando le strade, attraversai il Sangro e il Trigno, giunsi a Guglionesi, qui fui fatto prigioniero dagli americani che mi interrogarono anche loro mi trattarono bene, gli spiegai che ero di Foggia, così mi portarono nella mia città. Lo spettacolo fu triste, la mia famiglia era sfollata a Panni, i soldati mi lasciarono alle Marcelline, essendo reduce di guerra, con esperienza di ufficiale e quindi un tesoro per l’esercito, fui convocato a San Severo, poi Bari e Lecce, mi arruolarono in una divisione di Alpini, ci radunammo a Bisacce. Da qui fummo trasferiti ad Alberobello e infine a Nardò, creammo il gruppo degli Aplini Piemonte, intanto Badoglio aveva chiesto agli americani di collaborare, quindi ora il nostro esercito era alleato al loro, i bersaglieri di Brindisi costituirono un battaglione motorizzato, a Montelungo, tra Molise e Campania, era l’8 dicembre, pioveva e c’era molta nebbia, erano tutti soldati inesperti, ne conoscevo alcuni, morirono praticamente tutti, 160, ora i loro resti riposano in un cimitero proprio a Montelungo, gli americani constatarono che l’esercito italiano non era in grado di sostenere il peso di quella guerra allora eravamo la seconda scelta, eravamo sempre dietro le loro linee.’

‘Una linea molto importante era quella sull’asse Anzio, Cassino e Ortona a Mare, al centro c’era Monte Marrone, punto cruciale per i tedeschi, era una postazione di osservazione sul Volturno, da li partivano gli allarmi in caso di attacco e dalla parte più in alto poi partivano i colpi di artiglieria. Quella postazione non era sempre occupata, ci diedero il compito di raggiungere e conquistare quel monte, scalammo la parete sud, poco visibile e molto ripida, la sera del 31 marzo 1944 arrivammo a Monte Marrone, inaspettatamente i tedeschi batterono in ritirata ma pensando che fossimo fuggiti anche noi, una pattuglia, il giorno seguente passò di li e per loro non ci fu scampo. Tra l’8 e il 9 aprile, giorno di Pasqua, i tedeschi tentarono di coglierci di sorpresa, volevano spingerci giù, c’era la neve, non potevamo correre, ci riparammo come potevamo, noi, la III compagnia, ci facevamo scudo con le rocce, sparavamo e pregavamo, dopo molte ore riuscimmo a respingerli, questa è un’impresa passata quasi alla storia, gli altri squadroni considerarono quel posto come un santuario, da soli riuscimmo a resistere, anche se molti miei compagni persero la vita, io sono salvo per fortuna. Il passo successivo fu quello di occupare Monte Mare, con la collaborazione dei paracadutisti aprimmo di fatto la strada per Roma, noi ci consentirono di andare oltre, gli americani vollero appropriarsi del merito e dopo avergli aperto la strada ci ordinarono di fermarci, loro proseguirono.’

‘Per me la guerra continuò, il 20 luglio ’44 il nostro squadrone entrò per primo a Jesi, intanto si era costituito il CIL (Corpo Italiano di Liberazione), ci fermammo sulla linea Gotica poiché dopo una lunga permanenza a Jesi, stava arrivando l’inverno. Partecipai anche alla campagna di Russia, dovevamo prendere il Caucaso, ci comandava il generale Gariboldi, che ci fece spostare sul Don, avevo il compito di comandare i fucilieri, lavorammo duro per costruire le trincee e i bunker in vista del rigido inverno. A dicembre l’offensiva russa fu devastante, ritirammo di 20 chilometri, durante uno di questi combattimenti, il 28 dicembre, rimasi ferito ad un braccio, era mezzanotte, il freddo era glaciale, ci riparammo dietro cumuli di paglia, facevo servizio di guardia, arrivai alla quarta e ultima postazione, dal buio vidi il luccichio dei fucili, erano puntati contro di me, i soldati avevano una stella rossa, era russi, alzai le mani, mi tolsero le armi, credevo che fosse la fine per me, per incoscienza e preso dal terrore in un attimo di distrazione iniziai a correre ed urlare, inaspettatamente loro non mi spararono, raggiunsi gli altri spiegai tutto e ci mettemmo in guardia ed appostati, anche quella fu una violenta battaglia, riuscimmo ad avanzare ma all’ultima postazione, quella dove fui fermato, una raffica di proiettili mi sfiorò, uno si conficcò nel braccio vicino al petto, per una questione di centimetri mi salvai ancora anche li molti commilitoni persero la vita.’

‘Finita la guerra, rientrai a Foggia nel gennaio del 1946, mi chiesero di restare in caserma visto il servizio svolto sul fronte ma rifiutai, se dovevo essere nell’esercito volevo muovermi e viaggiare, così presi un posto alla cartiera, dove già lavoravo dall’età di 18 anni prima di partire, confermo che lì c’era uno stabilimento di armi chimiche, la struttura era semplice, davanti c’era lo stabilimento per produrre la carta e sul retro un capannone preso dalla Saronio per esperimenti sui prodotti chimici, in cartiera, vista l’assenza di cellulosa, si lavorava una soluzione salina, con un sistema di silos e aeratori, si otteneva la soda nella quale veniva immersa la paglia che poi diventava carta. tutti i fumi derivanti dal processo venivano raccolti da apposite tubazioni che erano collegate direttamente con l’impianto chimico attiguo, da quello che so, oltre qualche esperimento sui processi chimici e sull’Iprite e il Fosgene non si andò, gli americani arrivarono prima che si potesse davvero produrre una bomba con i prodotti chimici.’