Intervista al dott. Michele Valentino

Facciamo una breve presentazione?

Sì, certamente, sono Michele Valentino, nato nel 1919 a Foggia, sono stato arruolato nel 1939 nella Regia Aviazione dove ho combattuto fino al 1943, sono molto legato alla mia città, dopo la guerra mi sono impegnato in politica e sono stato assessore e consigliere comunale a Foggia per molti anni. Ho fatto parte anche del Comitato Centrale del partito Socialdemocratico; appartenevo alla corrente “saragattiana”  (dal nome del leader politico socialdemocratico e presidente della repubblica dal 1965 al 1972 Giuseppe Saragat n.d.r.). Ho avuto anche rapporti con istituzioni economiche ed universitarie degli Stati Uniti negli anni 50 in relazione al tema delle attività produttive nell’ambito della mia attività lavorativa. Sono stato lì 40 giorni e non posso dimenticare una foto che mi fecero vedere in cui c’era F. D. Roosvelt nei giorni della guerra con alle spalle una cartina geografica dell’Europa in cui la zona più evidenziata era quella di Foggia. La mia famiglia è stata sempre coinvolta negli eventi nazionali: mio padre, classe 1888, fece la guerra in Libia nel 1911, e la Prima Guerra Mondiale 1915-1918. Un mio fratello è morto nella Seconda Guerra Mondiale, era marinaio nella settima Divisione Navale al comando dell’Ammiraglio Da Zara a cui è dedicata una via a Foggia.

Dovi vi trovavate in quei giorni del 1943?

Ero un aviere della Regia Aviazione, avevo combattuto in Belgio, in Olanda ed in Francia davanti al canale della Manica insieme ai tedeschi. Poi venni mandato in convalescenza a casa. Arrivai a Foggia proprio il 22 luglio dopo un viaggio avventuroso perchè le linee ferroviarie erano state già bombardate. Quando mi trovai nella zona di porta San Severo cominciarono i bombardamenti. Ci furono varie ondate, la prima verso le 10,00 e durarono fino alle 13,30. Vidi distintamente da lontano la stazione bombardata e bruciare. Fra un’ondata ed un’altra arrivai al viale della stazione e là vidi la strada e i marciapiedi coperti da cadaveri. Nel sottopassaggio era già accaduta la tragedia e da lì si vedevano uscire le fiamme. Dovetti prima raggiungere il Comando dei Carabinieri a Piazza Cavour per registrare il mio arrivo in città poi cominciai a cercare i miei cari che non trovai perché erano già sfollati. Arrivato nella zona di piazza Italia, fui sorpreso da un’altra ondata ed una bomba cadde in mezzo a via Tugini, la strada a fianco fra il palazzo del Consorzio di Bonifica ed il cosiddetto Palazzo delle statue. L’onda d’urto dell’esplosione scaraventò a terra una donna con un bambino in braccio uccidendoli entrambi. Le scheggie della bomba danneggiarono il bassorilievo all’angolo del palazzo e sono visibili ancora oggi. Il bombardamento del 22 luglio fu la cosa più orribile della mia esperienza di militare, eppure io la guerra l’avevo già vista per tre anni, il tutto in questo caso era aggravato dalla sensazione che sembrava un’aggressione contro gente indifesa.

C’erano rifugi antiaerei a Foggia?

Vi erano i cosiddetti “tubolari” locali ricavati poco sotto il piano stradale con una copertura in cemento armato. Ma erano un riparo inefficace se una bomba li colpiva non resistevano. Quando suonavano gli allarmi le persone si rifugiavano dove capitava a volte anche nei portoni dei palazzi.

Il numero delle vittime che viene riportato è realistico?

Secondo me sì, praticamente venne bombardato ogni rione della città in modo indiscriminato. La visione della città era impressionante era piena di rovine, vidi tanti morti con i miei occhi e per giorni rimasero sulla strade cavalli e altri animali morti in mezzo ad un’odore indicibile. Dopo il bombardamento del 19 agosto (vennero trasferiti anche gli uffici comunali n.d.r.) la città si svuotò, era impressionante non vi rimase più nessuno.

Vi furono mitragliamenti sulla popolazione civile?
 

Io personalmente non mi sono trovato coinvolto ma si vedevano continuamente i bimotori scendere a volo radente per mitragliare gli obiettivi, il 22 luglio molti foggiani sono morti così.

E’ vero che la villa comunale era piena di mezzi militari?

Sì è quello fu un errore dei nostri vertici militari, i soldati ed i mezzi che erano stati trasferiti lì dalle caserme vennero facilmente identificati e mitragliati dall’alto, vi furono tantissime perdite, gli alberi non garantivano nessuna mimetizzazione e protezione. La villa ed il boschetto vennero presi di mira e colpiti intensamente. Fino a qualche tempo fa su alcuni alberi del boschetto si potevano vedere i segni delle scheggie delle bombe e delle pallottole.

Ha qualche altro ricordo particolare della giornata del 22 luglio?

Sì uno molto personale, quando arrivai a Piazza Cavour, un aereo lanciò uno spezzone, mi buttai per terra, lo spezzone colpì il cornicione del palazzo che venne giù sfiorandomi, mi salvai per miracolo.

Come venne accolta la fine del fascismo dai foggiani?

Quasi con indifferenza, i foggiani non mi sembrarono mai nè particolarmente entusiasti del fascismo e nè oppositori. Piuttosto convissero, si adattarono. I più entusiasti erano proprio i giovani che non avevano conosciuto altro ed avevano fatto la trafila: figlio della lupa, balilla, avanguardista, capo avanguardista e così via. Seppi della caduta del fascismo in modo casuale: il 25 o il 26 luglio mi trovai nella zona di Piazza XX Settembre e vidi per la prima volta una manifestazione, un comizio politico. Chiesi che era successo e mi spiegarono che era caduto il fascismo.

I foggiani come accolsero gli alleati?

Bene, soprattutto accolsero con favore gli americani, meno gli inglesi. Gli americani ci aiutarono economicamente ma soprattutto subito ci portarono da mangiare e da vestire, molti americani inoltre erano d’origine italiana e diversi foggiani avevano parenti in America o erano stati in America, legare con gli americani fu facile inoltre erano più semplici ed espansivi degli Inglesi.

Praticamente nel giro di pochi giorni gli alleati si trasformarono da nemici spietati in liberatori e i tedeschi in nemici. Mi sono sempre chiesto come erano veramente i vostri sentimenti?

Bisogna tenere presente che eravamo affamati e stanchi della guerra e, come ho già detto, gli Alleati ebbero il buon senso di aiutarci subito. Ma c’è anche un altro aspetto che accelerò l’accettazione della nuova realtà: guardando i loro carri armati, i loro aerei, i loro cannoni, le loro attrezzature, l’abbondanza di cibo e di merci capimmo perché avevamo perso la guerra in quel modo e la follia della nostra sfida. Mi ricordai il senso di quello che diceva il ministro francese Clemenceau “C’est l’argent qui fait la guerre “, “I soldi fanno la guerra” ed era evidente che gli americani e gli inglesi, ma anche i tedeschi, erano popoli molto più ricchi di noi, era evidente che la loro industria era all’avanguardia rispetto alla nostra ed aveva sostenuto lo sforzo bellico in modo determinante. Non potevo fare a meno di pensare al fucile modello 91 (ossia ideato nel 1891!) che mi venne assegnato appena divenni operativo e la differenza fra gli aerei e le attrezzature dei piloti tedeschi ed italiani che vedevo negli aereporti dove prestavo servizio. Anche i guanti e le creme che utilizzavano i piloti tedeschi per proteggersi dal freddo intensissimo delle alte quote erano migliori, vedevo i piloti italiani chiederle continuamente in prestito. Capimmo che il fascismo era stato una grande messa in scena e l’ignoranza in cui era stata tenuta la popolazione era stata una sua componente fondamentale, l’Italia era di fatto un paese arretrato che nella guerra venne inesorabilmente schiacciato.

Come si viveva durante l’occupazione?

Per il meridione e per Foggia in particolare la ricostruzione cominciò con l’occupazione alleata, in quegli anni vedemmo i primi comizi, arrivarono a Foggia Pertini e di Vittorio. La gente pensava al futuro, molte ragazze si legarono a dei soldati americani, alcune si sposarono e se ne andarono in America. Una di queste fu mia cugina che oggi vive ancora lì ed io andai a trovare nel 1958. Ci furono anche lati oscuri e discutibili, lo sciacallaggio e il mercato nero furono alla base probabilmente di alcune improvvise fortune che si rivelarono appena dopo la guerra. In quel caos erano in molti a rubare, venni arruolato dagli americani, che erano diventati alleati, mi occupavo con un sergente americano anche di un grande deposito-silos su via Manfredonia, visibile ancora oggi, era chiamato Deposito Adriatico n°2. Quando si faceva l’inventario mancava sempre qualcosa, c’era evidentemente qualche americano che si rivendeva la roba al mercato nero.

Come possiamo chiudere questa interessantissima intervista?

Ho fatto con molto piacere questa intervista perchè credo nel valore della cultura e nella necessità di far conoscere i fatti storici soprattutto alle giovani generazioni, sono convinto che alcuni drammi della storia italiana sono stati drammi dell’ignoranza. Mi auguro che la cultura, la conoscenza e dunque la scuola, l’università e la ricerca siano sempre al primo posto nelle preoccupazioni di chi ci governa e di tutti gli italiani, senza di queste cose l’Italia non ha futuro.

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This entry was posted on venerdì, Ottobre 10th, 2008 at 22:25 and is filed under testimonianze. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.


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